Gastronomie und Weine

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Ph. Coalvi

Nel Cuneese, la preoccupazione della suocera di essere superata dalla nuora negli affari di cucina si riassumeva in questa frase lapidaria: “veul pieme ‘l casul” (vuole prendermi il mestolo). Un’espressione che vale un trattato di sociologia sull’importanza del buon desinare in famiglia.

Nel Cuneese del Duemila primeggiano gli allevamenti di bestiame, ma un tempo la carne da queste parti non compariva quasi mai sulle mense e quella che c’era serviva come materia di scambio (quarti di manzo o vitello portati in Liguria dai contadini viaggiatori che li barattavano con barilotti zeppi di acciughe salate). E il pesce era costituito dalle trote dei fiumi, da tinche e carpe dei laghi. Ma tutto ciò è storia lontana.

La gastronomia oggi
Oggi il Cuneese esprime la sua personalità gastronomica attraverso piatti dove si uniscono antiche abitudini e un austero ma, allo stesso tempo, gioioso ricettario: antipasti, soprattutto a base di verdure, guidate dal porro Cervere, alcuni primi strettamente legati ai prodotti del territorio (patate e farina di grano), la cacciagione (dal cinghiale al camoscio e così via), gli splendidi porcini (boleti eduli, ma anche i preziosi aurei e i castanei), formaggi e castagne  e la regina delle carni, la razza bovina piemonte.
Verdure ripiene, frittate e torte salate rappresentano gli antipasti tradizionali di queste parti. Per citarne alcuni: caponèt (la o si legge u), siole piene, friceuj ‘d ris, subric (puré, uovo, formaggio e sale cotti e amalgamati), frittata di erbe aromatiche, torta verde e torta di patate.
E per accompagnare i piatti più deliziosi, la terra Cuneese propone vini DOC quali il Dolcetto delle Langhe Monregalesi ed i Vini delle Colline Saluzzesi,  tra cui citiamo il Quagliano ed il Pelaverga.

I grandi protagonisti
Soffermiamoci un momento proprio sulla patata: “bodi e aioli”, cioè patate con maionese all’aglio, rappresentano una ricetta squisita che ha radici provenzali e in omaggio al regal tubero c’è persino una spiritosa storiella dove, alla preghiera del prete al Signore “Te rogamus, audi nos” c’è l’ironica risposta del contadino “Tera niera, bodi gros”. Ma la patata è la grande interprete di uno degli elaborati più tipici delle valli del Cuneese, in particolare delle Valli Grana e Varaita: terra buona, acqua buona, gnocchi buoni.
Cacciagione, funghi nobili e grandi bolliti, ma anche rarità quali le lumache (come la Helix Pomatia Alpina di Borgo San Dalmazzo, protagonista dell’antichissima Fiera Fredda) o le anguille, rientrano nell’offerta per la portata centrale.
Da non perdere un assaggio dei formaggi locali. La Toma definita genericamente “piemontese”, i Tomini di Melle (Valle Varaita), il Raschera e il Castelmagno sono i “magnifici quattro” degni di menzione.
Pochi tradizionali dolci come il bonét e le torte a base di frutta costituiscono la chiusura del pranzo.
Citiamo infine la “regina” della tavola cuneese: la castagna. Non a caso il castagno che la produce è pure definito l’albero del pane perché da lui l’uomo trae benefici gastronomici ma anche commerciali, sfruttandone frutti, foglie e legname. E il paesaggio collinare e pedemontano del Cuneese è da secoli caratterizzato da quest’albero amico. A tavola le castagne possono finire nel castagnaccio o nel più raffinato Montebianco.
Infine, una visita a Cuneo non può definirsi tale senza un assaggio del celeberrimo Cuneese al Rhum che anche Hemingway apprezzò durante una sosta in città nel 1954.

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